Pubblicazioni - Cibelli + Guadagno Architetti

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Pubblicazioni

Interni 618/2012

Casabella 809/2012

Side Dicembre/2011

con[temporanea] premio di architettura per la capitanata
[01]2010
pp.90-95;134,135

Claudio Grenzi Editore novembre, 2011

L'Attacco

28 aprile, 2011

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La Repubblica
Inserto Casa & Design

17 Febbraio, 2011

La Repubblica.it
Casa & Design
I maxi loft

  • Ristrutturazione di un interno nel Centro Storico di Troia (FG)

Gennaio, 2011

+LIGHT
www.piulight.com
Agenzia di rappresentanza illuminotecnica

  • Recupero e valorizzazione dell’ex Convento San Domenico Troia, Foggia.
    Archivio progetti
    #10


Novembre, 2010

http://www.nlpdir.com
Website about world architecture design ideas, building construction design plan with modern contemporary style.

A contemporary two levels apartment
Ottobre, 2010

"Cibelli + Guadagno Architetti Associati designed a contemporary two levels apartment architectures design concept that can be inspiration for us.[...]"


Buzzi&Buzzi, Pozzo D'Adda (MI) Italy

  • Ex Convento di San Domenico, Troia (FG)

Catalogo Generale 2010

Slideshow sul sito Buzzi&Buzzi


www.europaconcorsi.com

luglio, 2010

Regione Puglia

  • Atlante Contemporaneo

     dei Marmi e delle Pietre di Puglia.
     Cave, materiali, architetture
     Bari, 2009

Galleria Con[fine], Apricena (FG)

  • CON[TEMPORANEA]

Giovani Architetti di Capitanata
Apricena (FG), 2009

www.architecture-page.com

La Chiesa Dives in Misericordia nel quartiere di Tor Tre Teste a Roma
In PRESS, Anno 1/2006 - numero 0

Mi ha sorpreso vedere come un mensile che si occuperà prevalentemente di economia abbia scelto come immagine della copertina del suo numero di lancio un dettaglio architettonico per giunta “inconsueto”. Probabilmente persino una rivista di architettura avrebbe puntato se non su icone classiche e “rassicuranti”, almeno su una immagine più immediata, riconoscibile. Poi ho capito che la scelta era quanto mai azzeccata e ricca di significati: è l’Architettura che ricomincia a dialogare con l’anima, con la gente, con la città. E questo perché finalmente ha ricominciato ad usare un linguaggio che emoziona, comprensibile a tutti, che attinge direttamente alla tradizione rinnovandola profondamente e per questo mantenendola viva! Siamo di fronte ad un simbolo fortemente mediatico, comunicativo nella sua essenza formale e spirituale che assolve pienamente ai compiti che gli erano stati affidati. Una composizione formale che, senza rinunciare alla spiritualità interiore, evade la finitezza delle forme classiche aprendosi all’esterno, all’infinità dei linguaggi, per trasmettere, come una eco attraverso le sue vele, un messaggio di fede, di spiritualità ma anche un messaggio laico per il nuovo millennio di apertura al dialogo e di ottimismo.


La Chiesa Dives in Misericordia nel quartiere di Tor Tre Teste a Roma, voluta da Papa Giovanni Paolo II come emblema del Grande Giubileo del 2000, rappresenta una trasposizione visiva dei contenuti dell'Enciclica “Dives in Misericordia” emanata dal Santo Padre nel Novembre del 1980. In essa il Papa spinge l'umanità tutta ad “…attingere nell'eterno per affrontare le grandi preoccupazioni contemporanee…” (Giovanni Paolo II). La nuova chiesa doveva “illuminare” questo messaggio di grande attualità ed essere testimonianza visibile del cammino della Chiesa nel Terzo Millennio. A questo scopo il Vicariato di Roma ebbe l’ispirazione e il coraggio di bandire nel 1996 un concorso ad inviti per ”l’invenzione” della chiesa del 2000, da costruirsi appunto nella periferia della capitale, scegliendo sei architetti di fama mondiale, invitati a presentare un progetto per una chiesa parrocchiale. La giuria del concorso premiò l’architetto americano Richard Meier per essere stato in grado di sintetizzare in modo semplice ma ardito le funzioni di “luogo di accoglienza, luogo di convocazione e luogo di Chiesa” e creare una struttura ricca di simbologia e spiritualità. L'edificio emerge dallo skyline urbano con tre grandi vele di calcestruzzo bianco che si gonfiano come sospinte da un vento da Est e rievocano in modo elegante la Trinità. Queste sono unite da ampie superfici vetrate di grande impatto emozionale. Il tutto rende straordinariamente l'idea originale “della barca della Chiesa” che conduce i fedeli nei mari del Terzo Millennio.

Richard Meier venne a Roma per la prima volta nel 1959 come studioso e non come lui stesso sottolinea “come un americano, come un newyorchese, ma come qualcuno che già amava Roma”. Vi ritorna ora dopo oltre quaranta anni lasciando più di un segno perenne in una città che solo di recente ha saputo svegliarsi dal torpore di una stagione culturale quanto mai depressa, in una città che evolve rapidamente e che con difficoltà cerca di star dietro al resto d'Europa e del mondo. Le sue costruzioni si distinguono per l’armonico gioco messo in atto, tra geometrie e forme. Nel corso degli anni, le sue composizioni di quadrati, emisferi, onde, triangoli e colonne sono fiorite in ogni luogo del mondo. Il bianco è il marchio di riconoscimento di questo architetto, tra i più significativi del nostro tempo, usato come fosse un elemento vivente, attraverso un continuo gioco di luci e ombre.

Meier, ebreo americano, quindi non cattolico (dettaglio non casuale e vincente), è riuscito nell’impresa di costruire un edificio parrocchiale secondo i dettami del Concilio Vaticano II rivolgendosi ad un concetto di spiritualità universale e transreligiosa quanto mai attuale, proteso verso l’umanità e il dialogo. E’ un edificio dove si professa la religione cattolica, rapiti nella luce che penetra tra le vele o attraverso una fessura alle spalle del Cristo sospeso in aria, ed in questa luce qualsiasi altro essere umano di un’altra religione può trovare il suo Dio. Proprio in questo misticismo risiede il fascino e la valenza del progetto: Il bianco, le trasparenze, la luce intensa proveniente dall'alto conducono il fedele alla scoperta di una rinnovata spiritualità.
A dispetto di tutto, la chiesa di Meier può essere definita autenticamente tradizionale nell’accezione più innovativa del termine. Meier sa bene che la sopravvivenza della tradizione passa attraverso un suo continuo tradimento, perché essa porta con sé il rifiuto di ogni forma di dogmatismo; in questa doppia tensione (tra-dizione - tra-dimento) risiede la continua ricerca di una nuova maniera di interpretare la tradizione, di scoprire, penetrare nuove zone del senso: di mantenerla in vita. E proprio in questa azione interpretativa, che non concede nulla alla retorica architettonica, che riconosciamo la luce che filtra negli edifici del Borromini, quei fasci proiettori che si intersecano con la materia piena, muraria. Da sempre, nella tradizione architettonica religiosa, la luce è stata utilizzata come elemento catalizzatore della figura divina; la sua abilità di scavare la forma e di metterla in rapporto osmotico con il tessuto urbano. E’ qui che riconosciamo la vocazione scenografica del barocco romano: le tre vele di Meier a Tor Tre Teste hanno naturalmente un destino scenico. La loro enorme massa viene continuamente dissimulata dalla forma inflessa, dal colore, dalla luce che qui, in questa periferia anonima di metropoli, diventa elemento fondamentale racchiuso tra le vele evocatrici sospinte dal vento della spiritualità e l’ala “terrena” dell’edificio, dove si esplicano le funzioni parrocchiali. Il tutto rielaborato attraverso una inconfondibile matrice che affonda nell’eredità dell’architettura moderna fino a Jørn Utzon dell’Opera House di Sydney. Il recupero della tradizione passa anche attraverso una rinnovata vitalità della Chiesa che ricomincia a servirsi della bellezza dell’arte e dell’architettura nelle sue forme più innovative quale veicolo di spiritualità e del messaggio di Dio, e attraverso la riscoperta di un linguaggio architettonico nella muta periferia.

L'imponenza e l'originalità del progetto di Meier sono stati una sfida per l’odierna ingegneria italiana. Le tre vele infatti sono anche il simbolo della rinascita di quella tecnica costruttiva che ebbe in Pierluigi Nervi uno dei massimi esponenti e della tecnologia di casa nostra. Non a caso l’idea di realizzarle con conci monolitici prefabbricati è dell’ingegnere-architetto Antonio Michetti, consulente strutturale del Vicariato e per anni docente della Facoltà di Architettura di Roma.

La Chiesa di Tor Tre Teste è il risultato, dunque, del forte messaggio giubilare, della lucida, geniale maestria di Meier e delle capacità tecniche e tecnologiche dell'industria italiana. Destinate a diventare un segno strutturante del nuovo paesaggio dell’urbe, come il Guggenheim a Bilbao, o le cupole del centro storico di Roma, le tre vele sono un simbolo di fede, un simbolo della tradizione architettonica che rivive e si rinnova e un motivo di riscatto per un quartiere che rinasce, e con lui l’idea stessa di architettura.

arch. Antonio Stefano Cibelli

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